Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

mercoledì 30 aprile 2008

La casa postmoderna

La poetica della rovina ha una lunga e nobile tradizione. Trova le sue radici nello spirito romantico e la sua sensibilità nostalgica per un mondo armonioso e pacificato, quello classico, ormai scomparso. Ad essa si lega la riflessione sulla categoria estetica del Sublime in merito al quale, se lo ritrovo, posso anche mettere in rete un piccolo studio che avevo fatto. La progettazione dei giardini nell'Inghilterra dell'800 ha contribuito molto a rendere popolare il gusto per la rovina e per il frammento come materiale di progetto del nuovo, di un paesaggio irregolare e difficilmente razionalizzabile capace di suscitare emozioni, stimolare la fantasia e passioni sopite. Si pensi anche a come le immagini delle esplorazioni dei coevi Grand Tour, che si spingevano sempre più lontano fino a Spalato e a Baalbek, fornissero un repertorio sempre più ricco di suggestioni archeologiche.

Questa è stata la prima suggestione che ho avuto della casa che ci fermiamo ad osservare. Chiarisco subito che questa è una suggestione in parte condizionata dal tentativo di trovare un padre nobile dell'edificio. Non credo che l'architetto si sia inserito nel solco di questa tradizione ma che si sia nutrito molto di più dello stile, o pensiero, Postmoderno. Che cioè, come molti suoi colleghi a partire dagli anni '60-'70 del secolo scorso, si sia voluto tener libere le mani da vincoli stilistici (anche piuttosto pesanti e restrittivi nell'ambito del Movimento Moderno) e attingere un pò qua ed un pò là da tradizioni e culture diverse. Personalmente non apprezzo molto questo processo di composizione che spesso porta a decontestualizzare elementi formali per utilizzarli come adesivi da apporre a piacimento, progettando in stile o, meglio, in stili. Proprio quello che si definisce kitsch. E' chiaro che io e l'architetto di questa casa intendiamo la composizione architettonica in due modi diversi. Anche il fatto che faccia urtare in maniera quasi casuale i corpi e che denunci la disarmonia delle parti nel tutto con l'uso accentuato dei colori denucia che non sono certo i concetti di armonia, economia dei mezzi espressivi, ordine e chiarezza compositiva a dettare le linee guida del progetto.

Segnalo un chiaro riferimento nel trattamento dei muri in mattoni che si sgretolano all'opera degli architetti e artisti del gruppo Site di New York per i supermercati Best. All'interno del loro sito, nella sezione http://siteenvirodesign.com/projects/best/best01.htm troverete conferma di questo.
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1 commento:

Sosseri ha detto...

O, ma sei bravo, scrivi in un modo troppo forbito ed elegante! La dialettica di Seneca è un nonnulla nei confronti della tua accentuata raffinatezza! Bravo, sei Forte! Lascia che anche il mondo ti forzi! Fortasse requiris!