Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

mercoledì 17 aprile 2019

Recensione di Alberto Riva su "Il Venerdì" di Repubblica

Quando si decide di pubblicare è scontato che si cerchino lettori ed è naturale che con essi si cerchino dei buoni riscontri. Con piacere ho trovato un ottimo riscontro dalle pagine di una prestigiosa testata e ringrazio Alberto Riva che sul Venerdì di Repubblica ha saputo ben tratteggiare l'essenza di Porta Venezia.


lunedì 6 agosto 2018

Beati i miti

"Se viviamo agitati, arroganti di fronte agli altri, finiamo stanchi e spossati. [...]"

Non molto tempo fa avevo scritto qui parole di lamentela legate ad un clima cupo che offre, bel dono, molti motivi di dispiacere. Sono immerso, e lo siamo in moltissimi, in un tempo che ci invita a non sentire ragioni e a partire sbraitando con le nostre idee, le nostre idiosincrasie e le nostre posizioni con foga ed il coltello tra i denti. Scattiamo in un attimo in strada e al pc. Il tempo di reazione e' compresso come quello che serve per riuscire a comunicare con l'America.
Ci giova? No. Non ci permette di aprire dialoghi, non ci fa arrivare a condividere, non ci calma le delusioni. L'elettrizzazione continua ci consuma dandoci l'illusione di tenerci in vita. Quanto serve un po' di sosta e di autocritica!
Beati i miti, diceva qualcuno.

"[...] Ma quando vediamo i loro limiti e i loro difetti con tenerezza e mitezza, senza sentirci superiori, possiamo dar loro una mano ed evitiamo di sprecare energie in lamenti inutili"
Papa Francesco, Gaudete et exsultate 72

mercoledì 18 luglio 2018

Riprendiamo ad essere umani



Avrei sperato che mia figlia nascesse potendo respirare un'aria piu' salubre. Ancora non puo' distinguerne gli odori ma io la sento decisamente intrisa di fetore.
Negli scorsi dieci anni ho respirato fumi di disillusione e sfiducia. La respiravo e forse la esalavo anch'io, con naturalezza, quell'aria. Ma questo tanfo, ora, mi e' distante e mi schifa. Aria di cattiveria, rabbia, violenza che tutto avvelena.
Ho mal sopportato anni politici che annebbiavano la capacita' di giudizio, farseschi e svilenti ma ora pare che gli istinti piu' malevoli di noi tutti si siano incanalati pericolosamente verso un alveo di un fiume che, sempre piu' gonfio, va ad avvelenare i nostri paesaggi piu' miti.
Umanita', pieta', bonta', calma, pazienza, ascolto sono vacuita' da irridere, come ingenui ammennicoli buoni solo finche' si e' bambini e da ridicolizzare quando si e' invece maturi conoscitori delle cose del mondo.
"Vi stanno fregando, stupidi. Fanno leva su questa cosa per manipolarvi. Dietro questa facciata ci sono interessi e mani che non potete sapere." sembra dire chi sa perche', e[ noto, e' tutto un gioco di cospirazioni, di manovre torbide. Richiamarsi anche solo un attimo all'essere umani e' stupido, dannoso, da censurare. Il nostro contesto sociale e' degradante e fa male vedere come persone vicine, piacevoli alla compagnia, anche apprezzate ed amiche, possano covare e profondere parole disumanizzanti e spietate nel momento stesso in cui fanno il loro lavoro onestamente, si prendono a cuore figli e amici, curano il loro gattino con affetto. Gettano veleno sugli ultimi, i disperati e i deboli, origine, loro e chi li aiuta, di tutti i peggiori mali. Zecche fastidiose e nocive. Si', perche' colpevoli di venire a rubare cio' che e' nostro.
C'e' qualcuno che davvero pensa si possa vedere con favore ed entusiasmo al flusso di un gran numero di disperati che lasciano tutto alle spalle? Che ci si possa dire a favore delle migrazioni? Quando il partire e' una scelta obbligata e disperata non e' mai un bene. Chi e' che parte a cuor leggero quando e' per vivere che lo fa?
E' ovvio che trovar posto in un paese straniero e convivere li' e' difficile. Ci disturba il nuovo collega, non ci piace il condomino troppo espansivo... ancor di piu' chi e' lontano per storia e abitudini, figuriamoci. E poi questi stranieri hanno bisogno di sostentamento, accoglienza e assistenza. Tutto cio' che e' dato a lor e' tolto a me. E' questo il primo pensiero. Ed ecco che dal pensiero che mi tolga risorse e spazio pian piano si fa origine di tutti i mali: incuria, incivilta', poverta', criminalita'... i mali si eliminano eliminando chi li porta. Via il diverso, il tumore, perche' noi siamo sani e onesti e lui ci uccidera' se prolifera.
E' sciocco negare le difficolta' dell'accoglienza, onerosa e scomodante, ma di fronte al punto ultimo e irrinunciabile dell'umanita' e della vita non si puo' essere di pietra.
Ci colonizzeranno! Un paese ed una cultura che teme di essere annacquata e cancellata da una ridicola minoranza percentuale della sua popolazione ha gia' un problema di salute. Sono comprensibili i mille timori ma l'arroccarsi uccide una cultura.
Aiutiamoli a casa loro! Quanti lo dicono con sincera convinzione? Magari si vorrebbe dire: teniamoli a casa loro, lontani, salvando una facciata di benevolenza. Davvero si concorderebbe nello spendere risorse vere per un aiuto effettivo? E' certo che da una condizione di prosperita' quasi nessuno vorrebbe fuggire se non per tessere scambi e relazioni o crescere ancora ma come fare ora dopo tutto lo scempio che si e' creato o si e' osservato in molte regioni della terra. Ero piccolo quando gia' parecchie voci, a volerle ascoltare, anticipavano che dalla disparita' sarebbero derivati, necessariamente, quasi come per un fenomeno di fisica elementare, grandi sommovimenti. Ci stupiamo? Spesso pare di si' e ci si infiamma con inviti alle divisioni, scontri, rotture che altro non fanno che preparare nuove guerre. "I poveri non ci lasceranno dormire" scriveva padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, ma purtroppo invece di renderci vigili e critici a molti scatenano la rabbia del sonno disturbato.
Pensateci voi buonisti, portateveli a casa! E' possibile che ci sia chi ama gloriarsi di uno spirito nobile e candido senza "oneri", ed il richiamo alla coerenza e' saggio almeno quanto infido (chi e' del tutto a posto con la coscienza?), ma il vivere sociale organizzato in un paese non prevede che sia il buon cuore a far funzionare le cose. Quello e' un di piu' straordinario e prezioso ma un paese nel suo complesso ha le risorse e gli strumenti per provvedere alle diverse necessita', anche se in maniera imperfetta. Auspicare una buona sanita' non richiede di andare a curare i malati personalmente. Chiedere giustizia non vuol dire andare a scovare i malviventi e punirli con le nostre mani. Fare con onesta' e dedizione il proprio lavoro la dove si e', con umanita, e' gia' molto e fondamentale.
Vedere l'autoalimentarsi di astio, cattiveria, odio nei discorsi comuni e nei mezzi di comunicazione accessibili a tutti e' desolante e da' il voltastomaco. Vi si trovano parole animalesche, barbare nel senso pieno, balbettii di un linguaggio un tempo civile, che non sfuggono a nessuna sana autocensura prima di essere espresse. Accolte poi e rese importanti sotto l'ala protettiva dell'autorita' che gode di questo fermento, che le coccola e prospera con le parole d'ordine della forza del ferro, della fermezza del capo che a noi italiani a ondate piace tantissimo, soprattutto quando la fermezza e per gli altri.
Mi spaventano molte parole buie e nere. Quando conosco chi le ha espresse resto perplesso nel prenderne le distanze perche' non voglio perdere la speranza che sia stato uno sfogo estemporaneo e realmente non pensato. Quante esagerazioni a volte si dicono! Quante maledizioni a chi parcheggia male o lascia la cacca del proprio cane in bella vista! Ma forse il problema e' proprio questo: che non si pensa, che si e' troppo leggeri a spandere veleno.
Saro' ingenuo, non mi accorgo che i poteri forti, i nuovi Savi di Sion ed il pensiero unico mi stanno manipolando. Non saro' cosi' astuto da scorgere la mano di chi complotta su di noi per renderci schiavi e far soldi (anche se tristemente c'e' sempre, davvero, chi prospera avidamente nella miseria piu' nera.)
Forse e' vero, saro' omologato ed indottrinato. Fra qualche settimana, mese, anno diro' che non ha avuto neanche senso perdere venti minuti a scrivere queste righe. Primo perche' non sono nessuno, non un potente, non un intellettuale stimato, e nel brusio generale aggiungo solo rumore che a nessuno importa; secondo perche' non avro' risolto niente; terzo perche' mi rendero' conto di aver scritto di getto stupidaggini banali e di vuota retorica, pur vergognandomi di certe immagini che vedo proposte in questi giorni. Pero' quando mia figlia avra' la possibilita' di capire vorrei che sapesse cosa pensava suo padre in quegli/questi anni in cui le sue speranze giovanili di una comunita' europea ed internazionale civile erano aggrediti pezzo pezzo.
Credo che a volte non sia banale dire da che parte stare.

martedì 9 maggio 2017

Quattro regole d'oro per parlare

Gabriella Caramore nel retro di copertina del libro "L'alfabeto ebraico" di Paolo De Benedetti (Morcelliana, 2011) le definisce come le quattro stelle polari dell'ebraismo. Io, conclusa la lettura del libro, ne vorrei fare le quattro regole d'oro del pensare/parlare/scrivere:

1- Contemplare sempre un'altra interpretazione possibile, diversa dalla propria.
2- Aggiungere ad ogni affermazione un "se cosi' si puo' dire", facendo spazio a quella di altri, anche non espressa.
3- Mettere un tempo di sospensione tra la domanda e la risposta.
4- Insegnare alla propria lingua a dire "non so".

Il teologo Paolo De Benedetti

lunedì 12 settembre 2016

Inaugurata la lettura in digitale

Dopo lunghi tentennamenti faccio il primo passo nella lettura in digitale. Il grande pro muoveva da una considerazione economica. Il grande contro era il tradimento dell'oggetto libro tangibile ed afferrabile.
Ad inaugurare la lettura in e-book è stato "Specie di spazi " di George Perec che, con parole che sento di aver pensato identiche, nel mo così saluta:

"Scrivere: cercare meticolosamente di trattenere qualcosa, di far sopravvivere qualcosa: strappare qualche briciola precisa al vuoto che si scava, lasciare, da qualche parte, un solco, una traccia, un marchio o qualche segno."