Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

martedì 18 dicembre 2012

Grazie Wikipedia

Cara wikipedia,
                       sarai pure passibile di errori, sarai pure approssimativa, sarai pure giovane ed inesperta ma volevo davvero ringraziarti per essere l'unica capace di farmi viaggiare a velocità inusitate.
Ogni tanto mi prendono quelle smanie di curiosità improvvise che solo tu sai saziarmi. Qualcuno dirà che hai ben poco da dirmi ma posso difenderti dicendo che tu, lasciando aprire piccoli spiragli, permetti a chiunque volesse di iniziare il proprio cammino di approfondimento e ricerca.
Mi sono imbattuto a tempo perso in un piccolo progetto di scrittura (essendo a tempo perso e col cervello fiaccato da giornate di lavoro piene l'80 % di quel che scrivo mi pare ancora di una bruttezza imbarazzante...) e chi, se non te, mi ha aiutato a mettere ordine a connessioni e intrecci, a legare la Storia con le storie, a tessere legami... chi mi ha messo pulci all'orecchio? Chi diavolo sapeva dirmi oltre a te due, tre cose su Iskandar Beg Munshi? "E chi è?" Direte voi che leggete... chiedete a Wikipedia e poi iniziate ad indagare.
C'è molto da fare ma se vedrò qualche frutto ti faccio un regalo.

lunedì 12 novembre 2012

Cultura, cultura, cultura

Radio3 sta dedicando proprio in questo momento buona parte del suo spazio del mattino al ciclico dibattito su cultura-valorizzazione-conservazione-... prendendo lo spunto da un articolo de Il Fatto Quotidiano. Dibattito sacrosanto, necessario... questo non lo metto in dubbio, forse ora anche di più visto che l'urgenza economica ci obbliga a cercare ovunque per dare aria ai nostri desideri di guardare avanti, di pensare al nostro benessere e bene-stare in questo paese.

Provando un pò ad estraniarmi da quello che mi sembra essere un dibattito destinato sempre a tornare ci ho visto il grande rischio di esser vuoto e astratto. Forse, azzardo, lontano dal centro del problema. Ma questa "Cultura", questo "Patrimonio culturale" sono cose che riusciamo a toccare, a sentire, a riconoscere o sono slogan, frasi vuote?  Possono rischiare di essere trasformate in una nuova religione dogmatica e asfittica di cui tutti si fanno strenui difensori e crociati ma in cui solo pochi riescono a sentir scorrere qualcosa di vitale?

martedì 6 novembre 2012

Quando non si dorme...

Sono sul divano con carta e penna e con gli occhi stanchi a fare quello che mi ero ripromesso di fare ieri notte. Fuori casa qualcosa continua a bussare e a ricordarmi del proposito. Quel qualcosa è il vento che continua  a far vibrare le tapparelle delle finestre e non vuole lasciare che, anche se in casa sono solo, ci sia silenzio. Posso spegnere la televisione, spegnere la luce, mettermi a letto e tirarmi le coperte fin sulle orecchie ma non ci sarà silenzio.
Ieri sera avevo preso sonno senza esitazioni, beatamente. In piena notte però... ecco che si alza il vento a premere sulle mie finestre, a scuotere le tapparelle e ad insinuarsi tra quei serramenti vecchi e a muovere anche la porta della camera come con una punta del soffio. Ore 4.30, ormai sveglio trovo il coraggio di guardare l'orologio e capire quanta parte di questa notte ho ormai rovinata: una buona metà.
Chi si sarebbe riaddormentato con tutta quell'agitazione al di là del vetro e del "velo" di plastica a strisce? Odio questo vento ma provo ad ignorarlo, a ritrovare la pace e sperare con fiducia che smetta di soffiare.
"Ma è possibile - mi dico - che dopo tutta un'intera giornata si sia messo proprio a sfogarsi alle quattro di notte!"
Calma... adesso smetterà... Macchè! Niente.
E se provassi a farmelo piacere? La pioggia che scroscia mi ha sempre conciliato il sonno. Magari anche questo soffio... per quanto incostante, senza ritmo, insistente, agitato... mmm... niente, non posso autoconvincermene.
Terza risposta all'imprevisto notturno: diciamo che è un segno, accogliamolo come tale. Perchè non riscoprire il gusto di una notte in cui io, da solo, mi ritrovo sveglio e al di là della tirannia dei ritmi che mi chiedono di dormire col buio e lavorare con la luce... pff... roba passata... mi metto a pensare. Ma di che vagheggiare? La parola! Ecco, sì. Questa cosa che non si tocca ma che muove, questa cosa umanissima. Come muovere con la parola? Come camparci...? Quasi quasi... visto che non tira una bella aria e stavolta non parlo di quella che è lì fuori a turbinare.
E mi rigiro. Ma dove ero rimasto? Ma possibile che i pensieri a letto, quando sei lì tra sonno e veglia, in un attimo sembrano correre sù sù fino a chissà dove e poi... vuoto! Di che parlavo? Ah, sì: la parola. Magari domani mattina mi esercito un pò a raccontare di questa notte. Sarebbe da farlo adesso. Ma se riaccendo la luce posso definitivamente abbandonare la speranza di riaddormentarmi... perchè, confesso: che questo sia un segno che debba vegliare e trovare una qualche illuminazione ci credo poco. Chi la regge poi la giornata di domani?
Prima o poi passerà, o almeno spero... ricorro all'escamotage più infantile e antico che nelle attese mi illudo possa darmi frutto: il conto alla rovescia.  Alla prima non va... alla seconda, partendo da venti, diciannove, diciotto,... arrivato a nove sembra che il conto faccia affievolire il vento ma poi, sfuggendo ricomincia a "grattare" e a scuotere le tapparelle serrate.
Non mi posso arrabbiare con lui e prima o poi sarò talmente assuefatto che crollerò. Male che vada, e  so che tanto andrà così, questo succederà per darmi il tempo di riaddormentarmi profondamente e far sì che il riposo, proprio nella sua fase più profonda, sarà violentato dalla sveglia.
Ma mi arrendo. Non penso ci sia altra soluzione. Proviamo a lasciarci cullare magari con le immagini che liberamente la testa mi richiama.
Sono alla follia: mi risuona in mente "The wind of change" degli Scorpion e quasi ondeggio la testa sorridendo  per l'associazione che mi è scattata quando... eccone un'altra: il profeta Elia e la brezza leggera  sull'Oreb. Passiamo oltre che questa ha troppo l'aria di un delirio di grandezza... che qualcuno mandi il torpore!

lunedì 29 ottobre 2012

Si riparte?

Le dichiarazioni d'intenti sono sempre pericolose. E' difficile darne un seguito soddisfacente e sono facilissime , quindi, da smentire. Questo blog è rimasto bloccato per molti mesi e tentare di riaffrontarlo con un post autoreferenziale forse non è il modo migliore per farlo.
Da un pò di tempo sto provando a riprendere in mano la scrittura. L'esercizio finora, particolarmente faticoso, ruota molto di più sul cosa scrivere che non sul farlo. Il blocco va probabilmente di pari passo con un blocco della lettura che è durato troppo tempo.
E' forse per pudore che non sono tornato a scrivere niente fin quando non mi sono sentito di esser tornato un lettore perlomeno decente? O forse non mi sentivo in diritto o legittimato a farlo? Boh, magari inconsciamente sì. In Italia paradossalmente pare che si scriva di più di quanto non si legga e  chissà se per ovviare a questo può divenir legge la proposta di concedere licenza di scrittura di una pagina ogni venticinque realmente lette.
Qualche paginetta in più la sto leggendo e qualche pagina ogni tanto ho potuto scriverla, nel segreto di casa o sul sedile di un vagone ferroviario...
Il "La" per tornare invece a pubblicare qualcosa qui m'è venuto ieri sera vedendo un documentario su Adriano Olivetti. Tra parentesi, mi sono ripromesso di leggere qualcosa in più sul suo pensiero e la sua attività. Mentre vedevo quel documentario pensavo: "Nooo, domani è lunedì!" e mi sentivo disturbato da quell'idea di homo oeconomicus di cui stavo sentendo parlare e che, approvando, vedevo esser messa in discussione dall'organizzazione e dalla concezione del lavoratore che guidava Olivetti.
Il giorno dopo sarei tornato nella logica dell'uomo che produce e consuma. Però avrei iniziato la settimana con una terza dimensione oltre al produrre e al consumare: quella relazionale e di espressione.