Se parlo di economia non posso far altro che dire inesattezze ed esprimermi con approssimazione e con poco senso. Se parlo della liceità di difendere ad oltranza la posizione della Grecia all'interno dell'Unione per il patrimonio ideale che porta in dote posso già essere più adeguato. Molti lo stanno facendo come se si giocasse uno scontro tra logica economica e spirito europeo. Mi piacerebbe però far altro. Ho ascoltato anche stamattina su Radio3 parecchie voci che osteggiavano lo svilimento e l'umiliazione che colpirebbe la Grecia con il suo possibile allontanamento e gli argomenti sono essenzialmente quelli che accennavo prima.
Ma, c'è un rischio di retorica e astrazione?
Son d'accordo che vada fatto il possibile per evitare che la logica economica smonti il progetto di un'unione tra diversità e complessità ma il rischio c'è ed è lo stesso rischio dell'orgoglio, spesso italiano, della celebrazione vuota del passato. Quella celebrazione in superficie sentita e giusta ma fatta solo in caso di utilità, alla bisogna. Una celebrazione in cui ad una pochezza attuale ci si fa grandi di un passato per buona parte sconosciuto, non coltivato, lontano. Un passato che è di altri e di cui si è solo eredi per uno strano frutto del caso. L'orgoglio di credersi nello spirito romani potenti ed ingegnosi, artisti e letterati rinascimentali, stoici risorgimentali... L'orgoglio vuoto ed infruttuoso del considerarsi migliori perché eredi di generazioni passate generatrici di un patrimonio a cui attingere.
Può essere pigra retorica? O peggio, falsa retorica? Falsa come quella dell'attingere ad una radice ed un'identità cristiana da parte chi a malapena sa cosa sia il Vangelo per marcare il territorio contro la prospettiva di un progressivo meticciato con altre culture?
Questa retorica è il nostro rischio, così come lo è per i greci o per tutti coloro, scendendo di scala, che devono reggere il confronto con genitori e nonni grandissimi.