Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

martedì 29 aprile 2008

L'errante in Persia


Il personaggio che continuo ad evocare ai lettori si costruisce attraverso il suo mondo ed i segni che lo popolano come se fosse un grande testo. Il labirinto che si costruisce, ovvero il gioco inesauribile di percorsi ed esplorazioni sempre diverse e possibili della medesima realtà sono la sua identità. E’ casuale il testo di apertura del Blog? Il suo volto e le sue mani sono immagine delle realtà che visse. Sono archeologiche, stratificate, segno di tempi ed eventi. Solo nella fantasia della narrazione da esse si ritorna agli oggetti che tennero, alle pietre che toccarono, alle altre mani che strinsero.
Così, quando nei luoghi si depositano suggestioni letterarie o memoriali queste suscitano in chi riesce a superare la noia e la pigrizia la curiosità di toccare, vedere.
Tutto questo lungo aggancio mi serve per scrivere di un’esperienza di viaggio. Forse il tema centrale è la decisione del viaggio. Vorrei ricostruire le suggestioni che mi spinsero qualche anno fa a viaggiare in un paese che purtroppo è sempre nelle prime pagine dei giornali per argomenti deteriori: l’Iran o Persia per gli amanti di vecchie atmosfere.
Quello che abitualmente conosciamo del mondo antico è la lunga storia dei popoli che popolarono il Mediterraneo. Quello che conosciamo all’infuori del suo bacino lo si deve agli scontri intercorsi con il mondo greco-latino. Questo è il caso della Persia, il gigante orientale che fu nemico delle città greche. E’ assodato che la storia la scrivano i vincitori e, dato che la Grecia resistette mirabilmente all’invasione persiana, muovendo addirittura, poi, con le truppe di Alessandro il Macedone sull’altopiano iranico, di essa abbiamo sempre avuto l’immagine del temibile grande avversario, del portatore di una civiltà corrotta e scellerata attentatrice agli alti valori di libertà e democrazia del popolo greco. La Persia era il mondo lontano, l’Altro da noi in questa parte di Europa. Per molti, forse, quello persiano è uno dei tanti popoli passati in rassegna nel lungo racconto delle guerre condotte. Qualcosa come lo sarebbero stati successivamente i popoli barbari germanici.
Alle medie, in classe, leggemmo come testo di narrativa un libro che raccontava la vicenda di una bambina, credo orfana, che partecipava del grande evento della marcia di Alessandro Magno nella guerra contro il re Dario. Mi sembra che il libro si chiamasse “In viaggio con Alessandro” o qualcosa di simile. Mi stimolò molto la fantasia leggere dei macedoni in cammino che affrontavano terre sconosciute; leggere di questo popolo che entrava in un contatto diretto e, forse perché il testo era rivolto a dei ragazzi, piuttosto pacificato con le genti che trovava; leggere di come quella civiltà straniera era capace di affascinare il condottiero macedone, a partire dalla nobiltà della famiglia reale caduta sua prigioniera.
Qualche anno dopo ricevetti una cartolina spedita da uno zio in viaggio che ritraeva la Piazza dell’Imam di Isfahan, in Iran appunto. L’immagine era stata catturata di sera, quando l’illuminazione artificiale giocando con la grande vasca d’acqua centrale, scompone e riflette l’immagine della cupola dagli intarsi ceramici della Moschea dell’Imam. Conservai in mente con vividezza la foto. In realtà non sapevo collocare quel posto in una cartina e non mi interessava neanche. La foto era bella, questo bastava.
Seguiti altri anni, in un viaggio a Parigi fatto con amici dell’Università, quando ero al secondo anno, non macammo di andare al Louvre. C’ero già stato ma non avevo ancora visitato la sezione delle antichità mediorientali. La cosa che mi impressionò di più quel giorno nel museo fu un capitello trasportato lì da Persepoli (la sua foto è ancora incollata alla parete sulla sinistra del mio tavolo in sala studio a mo’ di santino). Era immenso. La travatura poggiava sul dorso di due tori lapidei speculari. Chissà come doveva essere la colonna su cui poggiava? E la sala dov'era? Il piccolo cartellino che dava risposta ad alcune mie domande mostrava un piccolo disegno del palazzo imperiale di Persepoli da cui proveniva il pezzo. Allora mi chiesi: “Com’è possibile che non sappia niente di questo popolo? Perché ignoro di una civiltà capace di erigere meraviglie di questo tipo?” La Persia è fuori dal nostro baricentro culturale.
Poco dopo mi proposi di studiare un po’ meglio la storia di quella parte di mondo e considerare la possibilità di concedermi come premio di laurea un viaggio lì. Come poi fu.

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