Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

mercoledì 30 aprile 2008

Giorgio Mangani sul paesaggio marchigiano


Quando raccoglievo materiale per la mia tesi in architettura ho avuto modo di allargare la riflessione dal campo di immediata pertinenza del mio progetto, un progetto di infrastruttura urbana, al campo più ampio d'indagine del paesaggio. Marchigiano nello specifico.
Navigando su internet ho trovato la pagina web del prof. Giorgio Mangani (http://www.giorgiomangani.it/) che offre ai visitatori la possibilità di leggere e scaricare alcuni interessanti e suggestivi saggi e studi di geografia culturale, storia della cartografia, paesaggio, ecc. da lui condotti.
Tra questi vi riporto l'inizio della relazione, che potrete scaricare nel sito web citato, L'Arcadia e (è) il paesaggio marchigiano tenuta ad Ascoli Piceno nell'ambito del convegno Paesaggio: territorio del dialogo.

"E’ opinione comune nel mondo degli storici che il paesaggio agrario marchigiano sia uno dei meglio studiati grazie al lavoro trentennale condotto, a partire dagli anni Settanta del Novecento, dalla cosidetta scuola storico-economica di Ancona.
Questa osservazione è fondata se si considera il paesaggio marchigiano – universalmente percepito come uno dei connotati più caratteristici dell’identità regionale – una conseguenza concreta, il prodotto di alcuni rapporti sociali di produzione coincidenti con la diffusione, dal XIV secolo, del cosidetto “patto colonico”, la mezzadria.(1) Il paesaggio marchigiano, caratterizzato dal continuo tessuto di terreni variamente coltivati a grano, orto e vite, adagiati sulle dolci colline digradanti verso l’Adriatico, tradizionalmente avvicinato a un grande giardino, non sarebbe che il prodotto del lavoro secolare dei mezzadri, radicati dal XVI secolo, “appodiati” come dicono gli storici dell’agricoltura, sui loro campi a sorvegliare in loco i terreni.
Dal punto di vista storico-economico questa osservazione è ovviamente fondata, ma non esaurisce la portata della funzione esercitata dal paesaggio nella storia della cultura delle Marche e, probabilmente, nella definizione stessa dell’idea che la cultura italiana si è fatta della nozione e della funzione del paesaggio.
Il mio sospetto è che, pur rimanendo un prodotto storico del lavoro umano, per effetto di una sua elaborazione come categoria ideologica, il paesaggio marchigiano abbia anche svolto il ruolo di modello etico di comportamento. Piuttosto che essere soltanto la conseguenza di fattori economici, esso ha agito come fattore produttivo di comportamenti sociali, come contenitore di modelli persuasivi. [...]
continua"