Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

mercoledì 20 luglio 2016

Pensieri sparsi sulle follie di questi tempi

La nostalgia per i bei tempi andati è forse vecchia quanto l'umanità. Anche riprendendo in mano la letteratura latina troveremmo critica alla vita degenerata, alle nuove generazioni corrotte e svilite nei valori. Quindi non credo utile pensare che l'oggi sia il tempo della decadenza sempre e comunque.
Detto questo, però, ritengo che la rapidità delle evoluzioni che anche solo in un secolo o mezzo ci hanno investito ci stiano lasciando spaesati. La sempre maggior rapidità, l'ampliarsi dello spettro delle possibilità tecniche forse non hanno avuto gli stessi tempi della lenta maturazione di cui ogni persona e ogni generazione hanno bisogno per avere quel sano distacco critico che permetta loro di tenerli nel campo dello strumentale. Basti pensare alla capacità tecnologica delle comunicazioni.
Papa Francesco con realismo nell'enciclica "Laudato si'" nel capitolo intitolato "Deterioramento della qualità della vita umana e degradazione sociale"scrive:

"A questo si aggiungono le dinamiche dei media e del mondo digitale, che, quando diventano onnipresenti, non favoriscono lo sviluppo di una capacità di vivere con sapienza, di pensare in profondità, di amare con generosità. I grandi sapienti del passato, in questo contesto, correrebbero il rischio di vedere soffocata la loro sapienza in mezzo al rumore dispersivo dell'informazione."

A questo fa seguire poi una riflessione sulla necessità di maturazione umana e non di svilimento dato dalla privazione del vero incontro, ascolto, condivisione mascherato da una realtà incarnata da schermi. A prescindere dall'essere o meno credenti, tale aspetto della realtà merita attenzione.
Il tema della maturazione, della piena cura (coltivazione quasi) di sè personalmente e come comunità forse è il tema centrale di questo tempo di crisi.

La forza dell'attualità ce lo dice con violenza. Perché il successo mediatico, entusiasta e folle dell'internazionale del terrore targata oggi ISIS e dei suoi improvvisati adepti, ad esempio?
I fattori sono certo mille, misti e complessi ma un aspetto interessante non può non essere la perdita di senso in tanta parte della popolazione fragile, esclusa e debole legata ad una crisi profonda del nostro sistema sociale.
Su cosa si è retta negli ultimi decenni la vita dell'Occidente e di conseguenza del resto del mondo pian piano colonizzato in diversa maniera rispetto al passato? La promessa di benessere, di ricchezza, di accesso ai beni, di nuovi beni, di desideri da soddisfare e poi da inventare e soddisfare. Il meccanismo difficile da invertire del consumismo e della pubblicità. "Pietra angolare del consumismo, la pubblicità ci fa desiderare quello che non abbiamo e disprezzare quello che abbiamo. La pubblicità crea e ricrea l'insoddisfazione e la tensione del desiderio frustrato." (S.Latouche, Limite)
La crisi economica è stata più dura e devastante di quanto molti hanno percepito perché tutto era ed è diventato economia consumistica. Ha occupato ogni spazio perché si è alimentata di consumatori, di mercato e non è stata a servizio di uomini e comunità. Quando l'orizzonte è diventato avere, ottenere, raggiungere livelli sempre più alti di status e reddito, avere la tecnologia più accattivante, spendere fortune per telefoni cellulari dimenticando il resto è stato molto naturale che perdendo la prospettiva dorata di poter davvero raggiungere, rincorrendoli, questi bisogni imposti allora il nostro mondo si sia sfasciato. Nel momento in cui non faccio più parte del mondo del consumo, del benessere patinato allora a cosa mi appiglio? Cosa mi da sapienza e senso?
Ma un senso tutti lo dobbiamo avere. E forse la violenza, la prospettiva di una realizzazione grande e memorabile è un'offerta di senso allettante. Perché seconde generazioni di immigrati artificiosamente ricreano in pochissime settimane una loro identità legata ad un islamismo combattente antiquato e modernissimo al tempo stesso? Perché persone socialmente in difficoltà, sole, escluse, fragili prendono la via della violenza? Forse è il richiamo di un senso che vogliono dare alla loro vita in "periferia esistenziale".
Allora sì, è naturale che una grande bandiera che sa comunicare, che sa davvero far pubblicità, che sputa su questo Occidente che le fa schifo possa attirare a sé tantissimi sbandati.
E poi, sì, questa nuovo brand ISIS funziona davvero in Occidente. Non serve molto tempo, non serve una lenta maturazione. E' rapido, indipendente, liberissimo e in un attimo accende su di sé i riflettori.
Un atto di follia quando il rancore, l'insoddisfazione e la violenza premono diventa evento, spettacolo, fama!




Nessun commento: