Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

lunedì 11 luglio 2016

La luce, a volte - Filippo Davoli

http://www.liberilibri.it/filippo-davoli/241-la-luce-a-volte.html

Leggevo all'aperto la raccolta poetica dell'amico Filippo Davoli con il sole che aveva voltato l'angolo del palazzo, lasciando finalmente il mio terrazzo un po' in ombra. Fuori stagione rispetto all'estate ho letto questa poesia:

La neve batte il mondo, lo percuote
spegnendolo. La neve che cadendo
[...]

Non sapendo se posso spingermi oltre nel citare senza ledere i diritti d'autore mi fermo qui nel riportare i versi.
Rimango poi in superficie e non faccio troppo l'esegeta. Non ne sono in grado e non mi compete. Segnalo solo un lampo che, casualmente, mi aveva colpito. Ho pensato, leggendo la poesia, ad un'immagine bellissima nella penultima strofa de “Il testamento di Tito” del De Andrè che certo nessuno dovrebbe insegnare all'amico Filippo.
Davoli scriveva della neve che percuote il mondo spegnendolo e pensavo, di contro, al caldo terribile sul Golgota che De Andrè richiama con un sole che è violento e lascia nella quiete solo quando si piega dietro l'orizzonte per andare a bruciare e scottare altre terre. La sera ed il buio, il fresco di un vento leggero che uno potrebbe immaginare toglie il dolore. Dopo le percosse e la sofferenza lo spegnimento di una vita... e... alla fine, nell'ultima strofa, qualcosa che “scalda il cuore, lo sorprende.

[...]

Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti

[io nel vedere quest'uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l'amore.]


Fabrizio De Andrè, Il testamento di Tito da “La buona novella”

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