Latouche, economista e filosofo a tutti noto per la diffusione del concetto di decrescita (felice), indaga qui il concetto del limite e la sua necessaria riaffermazione. Uno sguardo ampio per mostrare come la crescita infinita, la macchina economica sempre più mostruosa che deve correre in avanti perché altrimenti crollerebbe, inizia ad avere una scadenza. 2030? 2060? 2070? Quando dovremo implodere su noi stessi?
Una lettura che certo si accompagna bene con la" Laudato si'" di papa Francesco (che forse ha più ampi margini di speranza).
E' un testo catastrofista? Asfissiante nelle sue previsioni? Ideologico? Di scarsa base scientifica? Il lettore saprà valutare. Io, sulla spiaggia, ho sentito come particolarmente gravosa, e forse troppo fosca, la previsione della scadenza del nostro genere, soprattutto nel momento in cui mi immaginavo, anziano, al capolino di fronte alla catastrofe o vedevo i bambini sul bagnasciuga chiamati alla fine prematura.
Ma questo è un discorso emotivo che poco ha a che fare con la visione del cammino che stiamo affrontando e che dobbiamo correggere.
Le pagine che più mi hanno fatto riflettere sono state quelle del capitolo sui limiti economici e la logica del consumismo. Non ho trovato niente di nuovo, l'induzione di bisogni superflui, lo spostamento dell'orizzonte dei desideri, avere piuttosto che essere, il potere dei media,... ma ho trovato basi per potermi convincere ancor di più della perversione di certe logiche. Latouche ricorre a molti rimandi e citazioni per argomentare. Una, lontana nel tempo, forse era profetica:
"Chi mette il proprio cuore nella esclusiva ricerca dei beni di questo mondo ha sempre fretta, perché non ha che un tempo limitato per trovarli, procurarseli e goderne. Il pensiero della brevità della vita lo pungola senza requie. Indipendentemente dai beni che possiede, ne immagina a ogni istante mille altri che la morte gli impedirà di gustare, se non si affretta. Questo pensiero lo riempie di turbamento, timore e rimpianti, e mantiene il suo animo in una specie di trepidazione incessante che lo porta a piè sospinto a cambiare di progetti e di luogo."
Alexis de Tocqueville, La democrazia in America (1835)
... e quindi consumare per placare l'insoddisfazione ed il vuoto.
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