Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

sabato 17 maggio 2008

Casa Museo Soane di Londra



Confesso che non sono mai andato a Londra nonostante le continue offerte di voli low-cost. Quandro andrò non penso che mi farò mancare una visita alla casa museo di John Soane.

Allo studio di questa casa ho dedicato un pò di tempo in occasione di un corso di storia dell'architettura. Il centro del lavoro di approfondimento e ricerca è stato il tema della sensibilità e dell'estetica del Sublime.

Per non annegare di materiali eventuali lettori, o futuri visitatori della casa, che ha molti potrebbe richiamare il Vittoriale di D'Annunzio, riporto la conclusione del lavoro. Se incuriosirà qualcuno pubblicherò qualcos'altro con un ampio flash-back.


"A conclusione del lavoro sembrava interessante accostare la figura di Soane ad un'altra molto lontana nel tempo e nello spazio: quella dell’imperatore romano Adriano. Al suo nome è legata una delle opere che maggiormente hanno stimolato ed interessato artisti ed intellettuali nei secoli, specialmente nel XVIII secolo segnato dai Grand Tour; tappa obbligata per il visitatore in Italia era infatti la Villa Adriana di Tivoli, meta non esclusa dagli itinerari di formazione dello stesso Soane.
E’ stimolante accostare le due figure in relazione alle loro due dimore.
Il perché di questo parallelo non va ricercato nella volontà di trovare chiavi intepretative nell’opera di progettazione dell’architetto inglese ma nella volontà di cogliere il tipo di mentalità e di concezione che è dietro la creazione della dimora di Lincoln’s Inn Field o forse è un capriccio derivato dagli stimoli che una ricerca storica non ristretta agli ambiti prettamente formali della disciplina architettonica fornisce.
Il gusto per lo studio, la riflessione e la sensibilità agli stimoli culturali di civiltà anche diverse dalle loro, erano senz’altro elementi che accomunavano i due. Chi si è addentrato nella conoscenza di Adriano anche semplicemente attraverso il celebre romanzo di Marguerite Yourcenar (Memorie di Adriano), che non pretende di essere una rigida ricostruzione storica, ricorderà la sua passione per la cultura greca, quella egiziana e di altre culture del bacino del Mediterraneo, studiate nel corso dei suoi lunghi viaggi nelle province imperiali.
David Watkin ci parla invece di un Soane “tardivo e solitario studioso dell’illuminismo, preoccupato più di qualsiasi altro architetto britannico degli ideali degli enciclopedisti e del pensiero illuminista francese”[1], ansioso di compiere una formazione che lo elevasse dalla sua umile origine.
Ciò che a mio avviso è il legame più interessante tra i due sta nella loro abitazione narrante. Abitazione che cresce simultaneamente all’esperienze, che prende forma man mano, che viene modellata in itinere non secondo la logica della semplice utilità, ma in quanto proiezione ed immagine del proprietario.
Probabilmente è storicamente inesatto credere che Villa Adriana fu in parte un collage di opere architettoniche che l’imperatore ebbe modo di visitare e delle quali volle mantenere sempre il ricordo, ma è innegabile che il concepire questo agglomerato di edifici e spazi diversi per funzione (palestre, terme, basilica, liceo,…) sia dovuto in larga parte all’esperienza personale dell’imperatore e che ne costituisca il ritratto. Era il luogo dove la Yourcenar vedeva l’imperatore che “tiene udienza con i suoi ricordi”.
Anche la villa può apparire disordinata per la sua grande complessità come la dimora di Lincoln’s Inn Field. Ciò è dovuto in parte all’inserimento di edifici tradizionali in sé conclusi e definibili all’interno di una struttura non improntata ad un criterio di razionalità geometrica, ma in gran parte scaturita dalla “creazione di specifici effetti percettivi, da un gioco voluto di contrasti fra edifici vicini e fra spazi aperti, semiaperti e chiusi concatenati fra loro, ideato per lo svago dei sensi[2].
La complessa opera di progettazione che sta dietro la creazione di questo “teatro delle arti” pur essendo profondamente radicata nella tradizione ne trasgredisce in parte. Mostra un classicismo che nella varietà e nelle dimensioni sconfina in nuovi territori.[3]

L’esigenza profondamente umana di trovare nell’abitazione un microcosmo protetto ed inalienabile trova nelle due opere proposte tra i maggiori gradi d’espressione.


[1] David Watkin, John Soane e l’Illuminismo, Casabella 660
[2] William L. MacDonald, John A. Pinto, Villa Adriana. La costruzione e il mito da Adriano a Louis Kahn, Electa, Milano, 1997, p. 43
[3] Cfr. William L. MacDonald, John A. Pinto, op. cit., p. 224-225

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