Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

domenica 23 novembre 2008

Passeggiata lungo Viale Jenner_parte1

Milano. Domenica. Mi sveglio per il freddo. Buio in casa striato dalle luci che filtrano tra le lamelle delle persiane. Lentamente e silenziosamente, per non svegliare chi dorme al di là di una libreria-divisorio, sbrigo le pratiche della levata ed esco per un giro mattutino.
E’ ora di ampliare la conoscenza della città oltre l’itinerario casa-lavoro ed il Duomo. Non ho voglia dei soliti itinerari. Prendo il giornale e scendo in metropolitana e, dopo un tratto con la linea rossa, dal Duomo prendo la gialla e la percorro tutta fino alla fine, fino a Maciachini. Qualche parola sentita alcune settimana fa in ufficio in merito alla presenza di qualche nuovo edificio architettonicamente interessante già mi bastava per decidere la destinazione.
All’uscita della metropolitana non scorgo niente di significativo, muovo qualche passo e forse, in lontananza, mi pare di intuire alcune coperture che potevano essere meritevoli. Nella rapida perlustrazione della piazza a Maciachini leggo però anche il toponimo Viale Edoardo Jenner: il celebre Viale sempre agli onori della cronaca per il centro culturale islamico che lì ha sede e per le, oramai trasferite, preghiere comunitarie del venerdì. Non è casuale che su La Repubblica del giorno stesso, nella sezione milanese, c’è una pagina dedicata al tema. Non mi è sfuggito neanche, mentre arrivavo in metro l’articolo di Ilvio Diamanti “Come si fabbrica l’insicurezza” che cercava di orientare lo sguardo del lettore sul rapporto media-percezione della criminalità e delle problematiche legate alla sicurezza per il quale vi rimando anche al servizio-gioiello di Fede.
Viale Jenner è ampio, alberato, la luce filtra, i bar sono aperti,... perché non percorrerlo?
Il bar era effettivamente una mia piccola preoccupazione. Ancora dovevo far colazione. Entro nell’Alex e Franz e al caffè accompagno una brioche. Nel caso in cui per un momento avessi dimenticato la città in cui stavo passeggiando, al bancone seguo il commento della partita vittoriosa dell’Inter, del posticipo della sera prima con la Juve che vede partecipe con vivo interesse il barista, il quale in realtà da milanista avrebbe preferito un pareggio. Tale è l’interesse che anche per pagare devo farmi notare. D’altra parte come fai a non fermarti a riconsiderare gli errori di finalizzazione di Ibrahimovic che l’è un sacramentùn e l’ha fat un numer
Continuo per Viale Jenner, niente centri culturali islamici in vista ma trovi quello che non aspettavi. Delle signore di mezz’età con Svegliatevi! in mano. Devo accelerare il passo. Proseguo e, nell’attraversare un strada laterale, giro lo sguardo a destra e ad una cinquantina di metri vedo un complesso in laterizio non molto alto ma massiccio. Mi incuriosisce, forse può essere una chiesa, e visto che non volevo rientrare a casa se non dopo aver partecipato alla Messa mi avvicino. Inizio a temere il peggio. E se fosse una “Sala del Regno”? Nel giro di qualche minuto mi troverei sommerso di opuscoli e di Torri di guardia. In maniera meschina e anche poco convinta afferro il telefono e me lo avvicino all’orecchio in modo da avere la scusa pronta per dirmi impegnato. Ci credo poco anch’io e mi vergogno a simulare una vera chiamata. Chissà, magari son credibile lo stesso anche così. Sono uno di quelli che ascolta senza interrompere. Può essere, no? Alla fine si rivela essere una vera chiesa, affascinante nell’involucro esterno cieco in mattoni rossi che descrivono un articolato gioco di volumi. Attraverso un nartece in penombra entro nell’aula liturgica.

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