Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

martedì 7 ottobre 2008

Tg ed informazione

Di televisione, che tra i mezzi di comunicazione è il più pervasivo, si parla solitamente con sufficienza e, a volte, con rigetto ideologico. Confesso di essermene distaccato molto da sette/otto anni a questa parte e di aver riscoperto la vecchia “radio”.
Quel poco di televisione che mi permetto coincide per la maggior parte con i telegiornali.
A differenza della carta stampata, che ha dalla sua una maggior libertà di selezione delle informazioni, i tg vanno seguiti così come sono stati preparati attraverso un ascolto paziente e lineare delle notizie in scaletta. Non son certo l’unico a notare e, credo a mal sopportare, la sfilza di cronache nere che spesso danno sostanza alla mezz’ora di trasmissione. E’ vero che forse una grande fetta di pubblico ama sapere degli omicidi truculenti e adora seguire la vita di Anna Maria Franzoni (e ne è testimonianza il fatto che anche nei giornali gratuiti in distribuzione nelle grandi città stampati per accogliere e diffondere pubblicità e per avere quindi molto pubblico gran parte delle pagine informano su notizie di questa leva), ma… Ma qual è l’utilità e la funzione dell’informazione attraverso un mezzo ormai strapotente e capace di condizionare scelte ed umori?
Mettendo da parte lettura dietrologiche spesso mi chiedo, e mi rispondo di getto: “No!”, a noi interessa sapere le dinamiche dei vari stupri della giornata? Ci interessa che sappiamo con dovizia di particolari come è stato ucciso l’amante?
Partendo dalla considerazione che i casi portati agli onori della cronaca derivano da un’accurata selezione tra quelli che potrebbero catturare l’attenzione dello spettatore per trasporto emotivo, da questi abbiamo una percezione condizionata sulla realtà nella quale viviamo. Se “va di moda” snocciolare tutti i casi di uxoricidio allora ovunque la percezione sconfortante di disperazione nei rapporti familiari si diffonde. Se vogliamo elencare tutte le molestie e le violenze sessuali per una settimana, e ricordiamo che anche nei periodi di silenzio i casi sono molti, allora il terrore si diffonde.
Ora, ha senso popolare la comunicazione nazionale con questo? Ci siamo abituati a considerare esistente e urgente solo quello di cui si parla, e molto, e spesso questo coincide con un’amplificazione ed un ingrandimento alla scala più ampia della chiacchiera da paese. Non sto scrivendo certo con raffinatezza e sufficiente attenzione ai distinguo necessari ma se in una comunità locale o nazionale la comunicazione, appunto, vuol svolgere una funzione edificante non è certo la ricchezza della cronaca nera un buon punto di partenza. Intendiamoci, non auspico una rimozione di ciò che, per parlar semplice, è male per far passare l’idea che tutto va bene e tutto è luminoso ma, mettendo da parte il sensazionalismo dell’omicidio di Cogne e la morte della studentessa di Perugia, con rispetto anche di chi vive il dramma, potremmo confrontarci un po’ di più sulla lotta dello stato contro le organizzazioni criminali; sulla situazione del territorio e le politiche di partecipazione alla trasformazione dello stesso; sullo stato dell’educazione (all’infuori del voto in condotta); sulle politiche ambientali; mostrare e aprire a modelli condivisibili piuttosto che mettere in mostra lo sfascio per il gusto di farlo.

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