Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

domenica 26 ottobre 2008

Gita d'Autunno_Parte 2

La piccola passeggiata e la silenziosità della campagna pavese era già un buon modo per essere accompagnati verso la visita. Per essere compiutamente introdotti non mancava che attraversare il vestibolo, che già lasciava vedere attraverso i suoi fornici la facciata preziosa della chiesa certosina, ed entrare nella piazza pubblica di questa cittadella. Per non bruciare subito la visita con quello che immaginavo fosse il pezzo forte, la quinta scultorea della facciata della chiesa, mi sono messo a passare in rassegna, più con gli occhi che con i piedi, i fronti del palazzo ducale e degli altri edifici che definivano questo preciso rettangolo che per primo accoglie noi pellegrini sui generis.

Mantenendo un po’ di distanza da un gruppo di gitanti veronesi d’età veneranda, che sarebbero poi diventati miei compagni di visita, mi sono avvicinato alla chiesa per godere della facciata da poco restaurata. Descriverla non è poi così semplice e per apprezzarla non si richiede nessuno sforzo intellettuale. Anche il solo pensiero solidale alla fatica e alla dedizione delle maestranze di scultori e scalpellini può essere un motivo sufficiente a giustificarlo. Maestranze peraltro scaltre a non dispendere la loro energia e le risorse del committente per arrivare poi a restituirci una meravigliosa opera incompiuta. La fascia più vicina all’occhio splende infatti di bassorilievi e decorazioni della miglior tradizione lombarda, a partire dai motivi floreali e geometrici che i Lombardo e Codussi porteranno anche a Venezia (si pensi alla Scuola Grande di San Rocco e di San Giovanni Evangelista) e dai medaglioni romaneggianti del basamento che mal si addicono ad una congregazione di certosini ma che ben si addicono ai sogni di grandezza militare di Gian Galeazzo Visconti, che promosse l’edificazione. La parte sommitale, invece, sublima la ricchezza scultorea figurativa in un'articolata composizione di pietre policrome.

Per quanto, essendo partito da Milano in mattinata solo, grande fosse la tentazione di rimanere la giornata in solitudine ed in solitaria proseguire la visita, mi sono avvicinato al gruppo dei gitanti veneti nel suo ingresso in chiesa seguendolo, facendomi pian piano meno diffidente, per fruire della guida del monaco cistercense brasiliano che lo ha accolto sotto le volte dalla navata principale all’altezza delle prime cappelle. Trovare un cistercense è una piccola sorpresa per il luogo. Il complesso nacque infatti per accogliere monaci certosini, religiosi votati alla clausura. Recentemente però, con la crisi vocazionale, i certosini lasciarono ai monaci cistercensi, che vivono secondo la Regola di San Benedetto, la cura del luogo.
Pur dovendolo saper fare per mestiere, non mi soffermo nel descrivere l’interno della chiesa perché mille guide lo saprebbero fare meglio di me. Grande è l’interesse per questo ambiente sia nella parte dell’assemblea che nella zona del coro, preziosissima nel grande apparato ligneo degli scranni intarsiati ma impressionante è soprattutto l’ambiente del grande cortile delle celle che si raggiunge uscendo dal lato destro del transetto.
Protetti dal lunghissimo portico che racchiude uno sterminato rettangolo verde si coglie lo spirito contemplativo dell’ordine certosino. Questo piccolo cosmo offre l’ordine della geometria ed il silenzio che il mondo esterno ha perso. Fermo ad osservare la teoria di archi che si rincorrono a cingere il grande prato centrale mi veniva quasi da ridere per la scena con la quale si era aperta la mia giornata: ero alla ricerca della nuova dislocazione delle biglietterie nel cantiere della restauranda Stazione Centrale e seguendo le indicazioni provvisorie la stavo raggiungendo seguito a ruota da un nervosissimo viaggiatore in evidente ritardo che a suon di bestemmie si faceva strada. Quale distanza più evidente dalla metropoli all'isola di serenità?
Il portico legava insieme le celle dei monaci che, per rispettare il loro voto di clausura vivevano rigorosamente separati in piccole abitazioni che farebbero gola ad un moderno promotore immobiliare. A loro volta quelle celle erano un microcosmo che ordinava la vita del monaco, offrendo il luogo per la sua vita di riposo, preghiera, lavoro, contemplazione perché la ricerca dell’essenziale non fosse stanco distacco ma cammino.

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