Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

sabato 11 ottobre 2008

Gita d'Autunno_Parte 1

Non preventivavo, questa mattina, molta difficoltà nel trovare le parole con le quali avrei steso un breve commento alla lunga passeggiata di questo sabato. L'incipit dimostra che non sono riuscito a sciogliere l’imbarazzante stallo se non dichiarandolo. Perché è facilissimo leggere l’inizio di un testo, quando ancora non si può essere annoiati, ma scriverlo…
Dicevo di una passeggiata. A dire il vero sono stato poco preciso. Si è trattato di un breve viaggio, di un giorno, reso possibile da ben 4 treni, 2 pulmann, 1 tram e due linee di metropolitana, a sud di Milano, a Pavia e a Vigevano.

Per quanto non adori veder scorrere dai finestrini di un treno o di un’auto le grandi distense pianeggianti, ho apprezzato stamattina l’avvicinamento alla prima destinazione, Pavia. Sono stato aiutato, e devo confessarlo, dalla rapida scorsa al giornale che mi ha distratto mentre il treno, partendo da Milano Centrale, abbandonava la metropoli per virare verso quel suo sud agricolo che in un gioco di opposti equilibra il nord brianzolo, urbanizzato e affollato. Il treno solcava quella campagna che Guido Piovene, nel suo “Viaggio in Italia” sosteneva essere “di una bellezza fatta per chi vi porta la disposizione ad amarla ed un occhio esercitato a cogliere le diversità.” Come un miraggio dell'acqua nel deserto, all’orizzonte la foschia si concentrava vaporosa e poco più in alto il sole pallido inaugurava una giornata autunnale serena, per quanto non nitida. Ho continuato ad osservare quella campagna operosa dai finestrini del bus che copriva la distanza, non così breve da concedermi di percorrerla a piedi restando nei tempi della giornata, dal capoluogo alla celebre Certosa. Costeggiando il Naviglio Pavese verso Nord, in direzione di Milano, dopo 10 km si abbandona la strada principale per proseguire lungo un bel viale alberato verso est.
La stagione era rivelata in pieno nella lunga prospettiva del viale. I campi di cereali ai lati conservavano solamente gli steli recisi dalla mietitura già consumata e gli alberi avevano già salutato il verde delle loro foglie e queste cadevano in abbondanza sulla strada, spazzate ai lati dal passaggio delle auto che procedevano lente. Tre uomini, intanto, si allestivano un saluto di benvenuto agli alpini che per un raduno locale stavano per arrivare in paese. Ai fusti si alternavano bandiere tricolori, volantini e semplici scritte in nero “W gli Alpini”, su sfondi verdi , bianchi e rossi.
Al fondo del viale, infine, prendeva forma l’ingresso della Certosa e una prima soglia vegetale, anticipante il vestibolo, introduceva al luogo. La deviazione del traffico nell’ultimo tratto del viale lasciava infatti agli ultimi alberi, prossimi all’ingresso, coprire con un tappeto morbido di foglie gialle e marroni i metri finali della strada.

Causa stanchezza accumulata per i km percorsi oggi si interrompe qui il racconto. Seguiranno le altre puntate.

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