Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

mercoledì 7 gennaio 2009

Viaggio in Iran_terza e ultima parte

Partiti dalla città regale ci dirigiamo a visitare altre importanti tracce dell’antico impero persiano. La prima tappa è Naqsh-e Rostam, dove incontriamo quattro tombe rupestri di sovrani achemenidi. Le ultime dimore dei Gran Re, quattro grandi croci greche concave, sono irraggiungibili dal suolo, in alto sulla parete rocciosa, vicine tra di loro, isolate nel paesaggio e visibili da lontano. Al livello del suolo, sulla parete, sono stati realizzati successivamente altri bassorilievi, in epoca sasanide. Tra le scene raffigurate primeggia quella del trionfo del re dei Parti, Shapur, sull’imperatore romano Valeriano, catturato e mai più tornato in patria.
A qualche chilometro di distanza abbiamo raggiunto Pasargade. Nella pianura l’interesse dello sguardo è attirato quasi esclusivamente dalla tomba di Ciro, il fondatore del primo grande impero della storia, il sovrano illuminato che nella Bibbia è riconosciuto come strumento di Dio quando liberò gli ebrei dalla cattività babilonese, l’anno in cui estese il suo potere anche sulla capitale mesopotamica. Il suo impero resse fino al 313 a.C., fino a che, mosso dal furore per il regno universale, Alessandro Magno, che la tradizione vuole aver onorato la tomba di Pasargade, non sbarcò in Asia.
La tomba è sopraelevata sul piano della pianura dell’antica città. I resti mortali del grande imperatore sono ospitati in questa opera laconica. Sopra una gradonata piramidale si erge la cella mortuaria dall’aspetto di una dimessa casetta, coperta con un tetto a spioventi in pietra. Dal basso si vede bene l’apertura che conduce all’interno ma non è possibile entrare. L’umile forma, o meglio la sobrietà dell’esterno, lascia dedurre che l’interno sia solo una buia e scarna stanza. Solitaria, libera tutt’attorno si erge la tomba. Sublime nella sproporzione tra la semplicità con la quale si esprime e la grandezza con la quale si pone al suolo.
E’ celebre l’iscrizione apposta sulla tomba che riporta la voce di Ciro. A riguardo riporto una riflessione di Mons.Ravasi:

O uomo, chiunque tu sia e da qualunque luogo tu venga: io sono Ciro, signore di molti re e di molti regni. Non invidiare il mio potere terreno poiché polvere ero e polvere sono tornato.


Il ricordo si è impallidito, eppure permane ancora intatta l'emozione quando, molti anni fa, sull'altipiano iranico mi si parò innanzi l'austero e imponente monumento funebre dell'imperatore persiano Ciro (VI sec. a.C.), il liberatore degli Ebrei dall'esilio di Babilonia. Di fronte agli alti gradoni che salivano fino alla monumentale camera sepolcrale a forma di sarcofago mi venivano in mente le parole del Secondo Isaia che scriveva: «Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: Io l'ho preso per la destra… Io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca…» (si legga Isaia 45,1-8).
Ora, all'interno di quella sala funeraria, ove giacciono le spoglie di Ciro, sono incise le parole che sopra abbiamo tradotto e che vorremmo fossero per qualche istante meditate. Potere, fama, gloria, successo sono sfioriti e divenuti cenere nel silenzio di quell'altopiano circondato da monti aspri e solitari. Fra un secolo che cosa sarà mai del ricordo di noi e di ciò che abbiamo fatto? Un pensiero severo e aspro ma vero, destinato a ciascuno di noi «chiunque sia e da qualunque luogo venga». Ma per il cristiano c'è anche uno spiraglio di luce che si apre oltre la morte e la cenere e che è affidato alla capacità della fede di scoprire una guida divina: essa conduce il giusto per mano sul «sentiero della vita», senza «abbandonarlo nel sepolcro e lasciarlo nella corruzione» (Salmo 16,10-11).


Dal “Mattutino” di G.Ravasi nell’Avvenire del 03/06/2005

Si interrompe qui il diario. Dopo quel giorno in viaggio smisi di stendere queste piccole relazioni. Il resto lo vedete nei video.

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