Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

sabato 3 gennaio 2009

Viaggio in Iran

Dopo essermelo ripromesso da un bel pò inizio a pubblicare, a puntate, il video del viaggio in Iran dell'estate 2005. In questa prima parte l'arrivo a Teheran e lo spostamento a sud, a Shiraz, da dove si raggiungono le testimonianze dell'antico impero persiano achemenide: Persepoli, Pasargade, ...
Per i più curiosi segue anche la trascrizione della prima parte dello scalcinato "diario di bordo" scritto in viaggio.

Buona visione



Dopo una partenza ritardata dall’aeroporto di Fiumicino siamo riusciti ad arrivare, stranamente, in orario a Teheran compiendo il volo in circa tre ore e mezzo. Sbarchiamo alle 18.30 e l’unico lieve disagio è dato dalla coda al controllo passaporti in un’ampia sala del pianterreno del terminal dell’aeroporto. Aspettando in fila noto le prime immagini delle guide supreme della Repubblica Islamica, il defunto Khomeini e l’attuale Khamenei, che vigilano.
Lo spirito del viaggio fa mettere in conto qualche disagio ma la prima sera ne è scevra. All’aeroporto ci viene a prendere un autista con un bus da 50 posti per noi 19, e ci porta all’Hotel Enghelab (rivoluzione), in via Taleqani, che con la sua mole di 16 piani e le eloquenti 4 stelle ci stupisce. Immaginavo di dover alloggiare in alberghetti ed invece dormo in un hotel che probabilmente è legato al periodo dei fasti dell’ultimo Scià a metà anni ’70. Dal terrazzo della doppia al 15° piano vediamo in lontananza le montagne che chiudono l’orizzonte della città e, vicino il cortile d’ingresso dell’albergo, sulla parete laterale di un edificio, un grande murales dal quale i due ayatollah sorvegliano.

La mattina nella capitale è dedicata alla visita del Museo Nazionale e dell’attiguo Museo Islamico. La partenza non brilla per la puntualità. Dopo la sveglia alle 7.30 e la colazione abbiamo pattuito di partire alle 9.00. Tra la nostra indecisione su come raggiungere il polo museale e l’incomprensione con i 5 tassisti che ci dovevano accompagnare si perde parecchio tempo. Noi continuavamo a chiedere del Museo Nazionale nelle varie lingue occidentali che conoscevamo e ci stupivamo, stranamente, no?, che non capissero l’internazionale “National Museum”. Per loro si trattava dell’Iran Bostan e solo l’indicazione della vicinanza con la piazza Khomeini ci fa intendere.
La corsa per le strade di Teheran con il taxi è divertente agli occhi frivoli del turista ingenuo. In realtà la guida sregolata è un pericolo continuo per i passeggeri ed i pedoni, soprattutto, che non hanno nessun diritto, strisce o non strisce. Vige la legge del più forte ed i poveri appiediati vengono sfiorati ed evitati all’ultimo con manovre secche dagli autisti.
Il Museo Nazionale non è grandissimo. Sono esposti oggetti che coprono il periodo pre-islamico andando indietro fino alla preistoria. Dove ci muoviamo destiamo curiosità, quasi maggiore di quella destata dai reperti. Nei pressi dell’uscita un gruppo di studentesse ci ferma e ci chiede del nostro viaggio consigliandoci anche dove mangiare. Quanta ospitalità!
Il vicino Museo Islamico mi è sembrato più interessante (libri, miniature, ceramiche, vetri,…). Osservando alcuni Mihrab in stucco collocati nelle sale noto, con l’occhio da architetto, due variazioni nello stesso tipo. L’immagine è quella del portale, dell’iwan. Nelle due forme è invariata la presenza della cornice esterna concepita non come unione di due piedritti ed un architrave bensì come fascia continua. Nel primo tipo (forse il più vecchio) il portale vero e proprio della nicchia interna è dato da due colonne che sostengono due dadi (di solito con una figura stellare sopra) sopra ai quali poggia direttamente l’arco. Nell’altro tipo c’è una semplice linea continua che disegna tutto il profilo delle parti verticali laterali e dell’arco.

Dai musei ci siamo incamminati verso il palazzo del Golestan. Il palazzo, di età cagiara, si estende basso attorno ad un grande cortile. Purtroppo la mole degli edifici governativi intorno lo schiacciano. Il palazzo cinge un grande giardino con vasche d’acqua. Il giardino è il centro del complesso. Gli edifici non destano una grande impressione. Camminando per le sale un tempo reali siamo entrati in contatto per la prima volta con un esempio dell’architettura cagiara. Ero scettico riguardo alla resa estetica del complesso forse perché è presentato dalla Lonely Planet come esempio degli eccessi cagiari. Me la raffiguravo come una accozzaglia di inutile sfarzo vistoso ed esibito per celare una povertà ideativa. Mi sono sbagliato di poco.
Il palazzo esibisce la sua opulenza soprattutto nella sala del trono di marmo. Questa sala, non particolarmente grande, si affaccia sul giardino a mo’ di loggia con una facciata completamente aperta, purtroppo tappata da un brutto telo bianco. Da questa alta loggia sopraelevata lo Scià, forse altero e vanitoso, assiso sulla pedana di alabastro del trono, svettava e si godeva il giardino ai suoi piedi.
La decorazione interna è risolta da un complesso apparato di piccoli specchi e di vetrini che tappezzano le pareti. (Più avanti scopriremo come originariamente questa decorazione fosse una soluzione impiegata per i mausolei).

Consumato un rapido pasto si corre, letteralmente, in taxi all’aeroporto per prendere il volo per Shiraz. Il modo di guidare è ciò che mi fa innervosire di più in Iran. Pur concedendo che, mediamente, gli autisti possano essere bravi piloti non sopporto la sfrontatezza con cui si lanciano, schivando i pedoni, sfidando qualsiasi norma della prudenza. Chi attraversa la strada è solo un intralcio e deve essere sua e solo sua la preoccupazione di evitare di esser preso sotto.

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