Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

mercoledì 27 agosto 2008

Saper raccontare

Chiedo perdono se torno ancora sull'ultimo viaggio. Non è che non abbia nient'altro in mente. Tutt'altro. Ma questo forse non via annoierà.
Ormai un mese fa, fermandomi ad osservare il paesaggio della Giudea e le colline attorno Gerusalemme mi chiedevo con quali parole avrei potuto descrivere quelle immagini una volta tornato a casa. Una cosa mi aveva colpito, a parte la prima e superficiale osservazione dell'uso totale della pietra bianca per i rivestimenti degli edifici: i declivi e le gobbe dei dei rilievi erano stravolti dalla presenza massiccia delle abitazioni che a macchie colonizzavano il territorio.
Con la sensibilità di un italiano, avvezzo a certi tipi di temi, cercavo di trattenere e meditare le impressioni per cogliere l'originalità di quei luoghi senza ricorrere a parole purtroppo note alle nostre orecchie: ecomostri, abusivismo, cementificazione, deturpazione del paesaggio, ecc. Ritenevo di dover fare uno sforzo ulteriore per poter comprendere quelle forme d'insediamento perdendo momentaneamente il punto di vista della nostra cultura.
Apro solo una breve parentesi. Tre anni fa in un altro viaggio visitai la cittadella di Rayen in Iran e tra i compagni di viaggio, qualcuno, da addetto ai lavori, mosse qualche commento sulla rozza filosofia del restauro (ricostruttivo anzichè conservativo) che si evinceva dal recupero della cittadella in terra cruda e paglia. Senz'altro eravamo di fronte ad un'altra scuola di pensiero ma a mio avviso legittima e poi, soprattutto, legata a quel luogo. C'è qualcuno che mette in dubbio la legittimità delle ricostruzioni cicliche dei templi giapponesi?
Tornando al centro della questione, in segreto, speravo di non rendermi a mia volta altezzoso muovendo parole di condanna a quel paesaggio costruito "dall'alto" della mia posizione.
Questa mattina, in attesa del tram, continuando a leggere Il Signor Mani di Yehoshua ho letto le parole che avrei voluto poter dire. Cambiando quel che c'è da cambiare, perchè l'autore mette in bocca queste osservazioni ad un osservatore dei primi del '900, vi riporto, per imparare da chi sa veramente raccontare, il passo:
" Qua e là un edificio, qua e là una strada, qua e là le fondamenta di un nuovo quartiere. Una scuola, un ospedale, un asilo infantile, un sanatorio. Perchè la Gerusalemme fuori dalle mura è ancora solo un'accozzaglia di idee isolate, di capricci di singoli individui che si scelgono un'altura e vi gettano sopra i loro progetti. Ma intanto le idee non si amalgamano, non ci sono nemmeno le strade che le allaccino, ma solo sporadici sentieri tracciati da operosi turisti."

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