Introduzione

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d'isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto.

Jorge Luis Borges, Epilogo da L'artefice, 1960

lunedì 25 agosto 2008

L'appello del Signor Mani

Destatevi prima che sia troppo tardi e prima che il mondo si sconvolga. Conquistatevi un'identità! Si cavò di tasca la Dichiarazione di Lord Balfour, che aveva tradotto in arabo, e la lesse a quella gente, ma senza spiegarla, poi aggiunse: questa terra è vostra e nostra, metà a voi e metà a noi, e indicò verso Gerusalemme, che si vedeva confusa nella nebbia sul monte, dicendo, là ci sono gli Inglesi e qui ci sono i Turchi, ma tutti se ne andranno, tutti, e noi resteremo soli con noi stessi, destatevi, non dormite.

In un intervento precedente avevo descritto l'immagine dal carattere bucolico impressa in una vecchia fotografia che ho acquistato qualche settimana fa a Gerusalemme. Conclusi il testo solo evocando la trasformazione che sarebbe poi arrivata. Leggendo oggi queste righe tratte dal libro Il Signor Mani di Abraham Yehoshua sono ritornato a quella foto. In quelle pagine si segue in un dialogo, nel quale solo una voce è riportata, la presa di Gerusalemme da parte dell'esercito britannico e la cacciata dei turchi dopo 400 anni di occupazione durante la prima guerra mondiale.
Un'altra occupazione si sostituisce su quella terra ma il Signor Mani intuisce all'orizzonte l'arrivo del suo popolo e grida un appello agli arabi di Palestina, invoca una loro identità, vuole che anche loro si facciano popolo perchè tra popoli si possa vivere, tra identità si sappia coesistere.

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